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Consulenza finanziaria, non confondere i venditori dai pianificatori

Luca Mainò - Advisor - 400x280 La domanda di consulenza finanziaria è in costante crescita ed evoluzione, tanto da essere l’argomento principale di dibattito e approfondimento tra gli operatori del settore.  Dall’osservatorio NAFOP siamo in grado di delineare la struttura del mercato, avendo individuato i vari cluster di clientela con le sue esigenze specifiche e le tipologie di advisor con peculiarità e metodologie differenti. I soggetti interessati alla pianificazione finanziaria indipendente sono gli HNWI, le imprese, gli istituzionali e le famiglie benestanti di cultura elevata. Tra i piccoli risparmiatori, che al pari di altri avrebbero bisogno di consulenza, i più attenti hanno iniziato già da qualche anno a dirigersi verso indipendenti e roboadvisor.

Sul lato dell’offerta troviamo le banche (alcune delle quali forniranno un servizio di advisory a pagamento), i consulenti indipendenti (detti “autonomi”), le società di consulenza indipendente (SCF) e i promotori finanziari (oggi “consulenti fuori sede”). Oltre a competenza ed indipendenza (intesa nel senso soggettivo, ossia indipendenza del consulente e non solo del servizio) saranno vincenti gli operatori in grado di fornire un vero servizio di financial planning. Dato quindi che i mercati finanziari sono imprevedibili, ogni azione dell’investitore dovrà essere guidata dalla consapevolezza che si debbano fare scelte in condizioni di incertezza.Secondo un paper pubblicato da NAFOP nel 2010, esistono vari tipi di advisor: c’è chi propone al cliente una soluzione preconfezionata contenuta in un catalogo di possibilità (il “venditore”), c’è chi  elabora una diagnosi e propone una cura al cliente (il “preparato/competente”) e c’è infine chi “applica il metodo” ed interagisce con il cliente all’interno di un processo gestito dal consulente stesso; il cliente deve partecipare a tutti gli step, aiutando il financial planner a far emergere i suoi reali bisogni finanziari e di vita (life planning).

Il tema della “difficoltà di farsi pagare la parcella” è marginale e privo di consistenza quando il cliente definisce gli obiettivi e condivide il metodo per raggiungerli. Il “pianificatore” si contraddistingue per la traduzione in concreto di step che possono apparire semplici, ma per il cui raggiungimento sono necessari impegno, attenzione ai dettagli, preparazione ed empatia. Consulente e cliente si guidano a vicenda all’interno di un rapporto bidirezionale: dall’individuazione degli obiettivi alla valutazione dello “stato finanziario” del cliente, dalla creazione del piano fino alla realizzazione del processo con il monitoraggio dell’attuazione degli obiettivi patrimoniali e di tenore di vita.

Apprezzare la pianificazione richiede tempo, spesso il cliente si rivolge ad un consulente per esigenze specifiche ritenute importanti o urgenti, ma che dovranno comunque essere inserite in un processo di pianificazione d’insieme delle ricchezze e dei flussi del nucleo familiare. Quali bisogni deve soddisfare il denaro che si vuole investire? Quali sono le spese a cui si deve far fronte? Ci sono obiettivi quantificabili?

La domanda di consulenza cresce con l’aumento della cultura: ma quale è il motivo per cui la consulenza è riservata ancora oggi ad una ristretta cerchia di utenti privilegiati? Perché il 75% dei risparmiatori non considera utile consultare un consulente/promotore? Probabilmente per colpa della normativa italiana che dal 2007 (e per dieci anni) ha impedito a chiunque di potersi avvicinare alla professione, precludendo di fatto la prestazione del servizio alle famiglie. Con lo sblocco del mercato finalmente anche gli italiani potranno trarre vantaggi dalla consulenza indipendente ed il beneficio che ne avranno contribuirà all’aumento della fiducia e al miglioramento dell’intero sistema.


 *membro del consiglio direttivo NAFOP e cofondatore di Consultique SpA

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