Il dottore commercialista può essere anche consulente finanziario.
Da quando? Dicembre 2018. In quanti lo sanno? Pochi.
In un manuale pubblicato dall’Ordine dei commercialisti ed esperti contabili di Torino, la storia della consulenza italiana
e le istruzioni all’uso per chi si voglia lanciare in questa avventura
L’avvio dell’Albo dei consulenti finanziari nel dicembre 2018, con l’inclusione della categoria dei consulenti autonomi, ha aperto le porte della consulenza ai dottori commercialisti e contabili. Con la definizione di questa professione intellettuale e non commerciale è decaduta ogni previsione di incompatibilità con la professione del commercialista.
La conoscenza di questa nuova frontiera professionale è però ancora limitata: per questa ragione l’Ordine dei commercialisti ed esperti contabili di Torino nel giugno 2018 ha dato vita a un gruppo di lavoro sulla consulenza finanziaria indipendente. La ricerca e le analisi condotte dal team sono state pubblicate e distribuite agli iscritti del mese di febbraio. Si tratta di una vera e propria guida alla consulenza finanziaria indipendente, la prima in Italia che affronta in modo organico il tema della possibile sinergia tra le due specializzazioni professionali.
Il panorama italiano della consulenza
Si parte con la fotografia della gestione della ricchezza in Italia: vengono riportati i dati relativi alla ricchezza netta delle famiglie italiane in rapporto al reddito disponibile, alla collocazione di questi patrimoni (attività finanziarie e non) e all’evoluzione delle preferenze degli italiani in fatto di investimenti. Il manuale evidenzia la crescita della richiesta di consulenza finanziaria e di wealth planning in Italia e di come la clientela viva le scelte ad essa collegata. Gli investimenti, si legge, sono le decisioni più difficili da assumere e quindi quelle in cui il supporto di un esperto è percepito come “molto importante”.
Consulenza indipendente
La premessa qui è che la richiesta di consulenza finanziaria si basi sulla costruzione di rapporti di fiducia che durino nel tempo per soddisfare le aspettative dei clienti. Ma da un’analisi dei fattori che disincentivano la domanda di consulenza finanziaria spicca, nella ricerca dell’Ordine di Torino, proprio la mancanza di fiducia nella figura del consulente finanziario, spesso causata dalla poca trasparenza dei costi del servizio. Ecco che allora la consulenza indipendente si propone come alternativa.
“L’avvento di Mifid2 – si legge nel testo – sta cambiando le carte in tavola e l’istituzione del nuovo Albo unico dei consulenti finanziari sta facendo emergere questo tipo di consulenza (autonoma, ndr). Per fornire dei numeri, attualmente in Italia ci sono 240 consulenti finanziari autonomi e 35 società di consulenza finanziaria iscritte all’Albo unico con una concentrazione maggiore in Lombardia, Veneto e Piemonte; contro 54.611 consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede”. Ma il potenziale è ancora alto.
L’advisory fee only made in Usa
Negli Stati Uniti la figura del consulente finanziario autonomo (“fee Only financial advisor o planner”) esiste circa dagli anni ‘70. “La differente cultura finanziaria, tipica dei paesi anglosassoni, ha portato allo sviluppo di questa professione che agli occhi del pubblico è riconosciuta tanto quanto le altre professioni – si legge -. È assolutamente normale per l’investitore americano avere al proprio fianco un consulente fee only, così come avere un avvocato o un commercialista”. Non c’è quindi da stupirsi che i modelli di consulenza anglosassoni siano i benchmark di riferimento per lo sviluppo della professione di consulente autonomo anche in Italia. “Certo, questi paesi hanno dinamiche finanziarie ancora molto distanti dalle nostre e le nuove sfide per questa professione porteranno inevitabilmente ad aggregazioni di professionisti per poter stare sul mercato. Ad oggi però, la sfida principale è quella di portare a conoscenza del pubblico l’esistenza di questa forma di consulenza libera da ogni tipo di conflitto di interesse ed esercitata nel pieno interesse del cliente”.
“Si tratta di una pubblicazione unica nel suo genere – ha commentato Luca Mainò, (Direttivo NAFOP e vicepresidente AssoSCF) nella quale finalmente si affronta dalla parte dei commercialisti il tema consulenza indipendente. È importante perché per la prima volta spiega che la consulenza indipendente non è (più) esclusiva di chi già appartiene al settore, in banche o reti, ma si apre un nuovo scenario in cui il servizio può essere offerto da soggetti diversi, i professionisti . Come NAFOP e AssoScf abbiamo registrato una fortissima crescita della domanda di consulenza che potrà essere coperta anche da queste nuove figure”.
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